Aprire una società all’estero è un’opportunità concessa a persone fisiche o imprese che vogliano allargare il proprio business in un paese diverso da quello in cui si trovano. Costituendo una società all’estero, non si sarà più assoggettati al regime fiscale italiano ma a quello del Paese in cui ha sede la società e in cui si svolge l’attività e persegue l’oggetto sociale.

Però, chi decida di trasferirsi all’estero definitivamente per aprire una società deve prima perdere la residenza italiana così da non dover pagare le tasse sia in Italia che nell’altro Paese.

Per farlo, bisogna iscriversi all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) e vivere per più di 12 mesi consecutivi all’estero. Iscrivendosi all’AIRE, entro 90 giorni dalla partenza, si acquisisce lo status di cittadino residente all’estero e non si dovrà più pagare il Fisco italiano.

Infatti, le tasse devono essere pagate solo nel Paese in cui viene prodotto il reddito derivante dall’attività svolta, proprio per evitare la doppia tassazione. Invece, non è possibile costituire la società all’estero ma gestirla dall’Italia (anche se l’attività viene svolta online): in questo caso, infatti, bisognerà pagare le imposte al Fisco Italiano, pena la commissione di un reato per omessa dichiarazione.

Infatti, uno dei più grandi errori che un italiano può commettere quando decida di aprire una società all’estero è quello di diventare in prima persona socio o amministratore della nuova struttura all’estero. Infatti, non è semplice per la legge controllare che una società estera intestata ed amministrata da persone italiane, svolga effettivamente l’attività all’estero.

Per il Fisco, infatti, si sarà dinnanzi ad un eventuale caso di esterovestizione, un vero e proprio reato con gravi conseguenze: il contribuente può difendersi solo con delle prove che attestino che l’attività viene svolta all’estero. Quindi, si può essere soci o amministratori ed aprire una società all’estero ma non si può utilizzare la società estera per pagare meno tasse.