Si sente spesso parlare in tv o sui giornali di appropriazione indebita uno dei reati finanziari più conosciuti, disciplinato dall’articolo 646 del codice penale.

Ma cos’è questo reato e quando scatta?

Il reato di appropriazione indebita è disciplinato dall’articolo 646 del Codice Penale come segue: “Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000.”

Prima che venisse emanato il ddl anticorruzione del 2018 la reclusione prevista in caso di reato di appropriazione indebita andava fino a 3 anni e la multa arrivava fino ad un massimo di 1032 euro.

Va detto che nel caso in cui il reato venga commesso a titolo di deposito necessario, ci sarà un aumento della pena. Il reato di appropriazione indebita può essere commesso da comproprietari, compossessori, coeredi e soci.

Una volta che un soggetto si accorge che qualcuno si è appropriato indebitamente di un suo bene, ha 3 mesi per procedere alla querela:

al Pubblico Ministero
alla Polizia giudiziaria, ai carabinieri o alla polizia
all’Ufficio consolare, nel caso in cui si fosse residenti all’estero

Dopo aver proceduta con una denuncia o una querela, partiranno le indagini da parte delle Forze dell’ordine per verificare la veridicità di quanto denunciato.

Le indagini per identificare i colpevoli e le prove hanno una durata di 6 mesi, che possono essere prolungati in caso di difficoltà.

Al termine delle indagini, il colpevole riceverà una notifica sull’intenzione di aprire un processo e, in caso di condanna, verrà punito in base a quanto stabilito dall’articolo 646 del Codice penale.

La parte offesa potrà costituirsi parte civile e richiedere il risarcimento del danno subìto, come la restituzione del bene o del denaro sottratto indebitamente.

Il reato di appropriazione indebita si prescrive in 6 anni, che possono aumentare nel caso in cui ci siano delle interruzioni (come previsto dall’articolo 157 del Codice penale).
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