Molti imprenditori italiani, decidono di costituire e aprire la propria società all’estero, per pagare meno tasse, proprio perché, in molti Paesi dell’Unione Europea o extra Unione Europea, è possibile beneficiare di vantaggi di natura fiscale e burocratica.

In Italia, la convinzione è quella che la burocrazia sia lenta e che quindi le procedure per aprire una società siano molto lente: questo è in parte vero se si considera che in molti Paesi all’estero è possibile aprire una società in maniera molto veloce e, a volte, molto meno costoso rispetto ai costi da sostenere in Italia.

Se si vuole aprire una società in uno degli Stati appartenenti all’Unione Europea, si può beneficiare della libertà di stabilimento che è prevista dall’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea: in pratica, viene concesso l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, la costituzione e la gestione di imprese in uno Stato membro dell’Unione Europea, diverso da quello di appartenenza.

Se si ha già una società all’estero, si può decidere di costituire una branch o una società controllata. Nel primo caso, la branch sarebbe la stabile organizzazione che non ha la stessa autonomia giuridica e fiscale della casa madre italiana. In questo caso, gli utili vengono sommati nel bilancio della casa madre e vengono pagate le imposte all’estero.

Invece, la società controllata è una società del tutto indipendente rispetto alla società che la controlla. Inoltre, quest’ultima paga le tasse solo nel paese estero e distribuisce gli utili alla controllante italiana. Quando si decide di aprire una società all’estero bisogna farlo seguendo la legge e quindi evitando il rischio della esterovestizione, cioè la fittizia localizzazione dell’attività all’estero.

Quindi, è fondamentale:

localizzare la sede fisica della società all’estero;
svolgere l’attività dove si localizza l’attività di impresa;
tenere i libri sociali e contabili previsti per la forma societaria scelta e conservare i documenti circa l’attività svolta.