In economia, un fenomeno molto studiato è quello dell’inflazione: si intende un incremento del livello dei prezzi di beni e servizi in un Paese in un certo periodo di tempo che comporta una riduzione del potere di acquisto delle famiglie (e di conseguenza una diminuzione del valore della moneta).

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Le politiche monetarie delle banche centrali

Le politiche monetarie delle banche centrali (e della Banca Centrale Europea per i Paesi dell’Unione Europea) devono consentire che il livello di inflazione sia inferiore al 2% annuo.

Infatti, sia livelli troppo elevati sia troppo bassi di inflazione possono influenzare negativamente le attività economiche: se il tasso raggiunge il 10-20% (o anche il 50%) si ha un’iperinflazione che comporta conseguenze disastrose per l’economia di un Paese.

Allo stesso modo, si può verificare un’inflazione negativa (cioè una deflazione) quando il tasso di inflazione è al di sotto dello 0%.

Le oscillazioni nell’inflazione derivano da diversi fattori; ad esempio, fra le cause dell’inflazione, ci sono:

un aumento della domanda di beni e servizi (se questa cresce più dell’offerta, anche i prezzi aumentano);
un aumento dei costi di produzione (di conseguenza le imprese devono aumentare il prezzo dei beni e servizi per poter mantenere i propri margini di profitto);
un eccesso di offerta di moneta (e quindi una perdita di valore perché i prezzi di beni e servizi salgono).

Le cause dell’inflazione negativa (della deflazione) vanno ricercate invece in:

una riduzione della spesa di beni e servizi (la diminuzione dei prezzi, spinge a rimandare i propri acquisti e ciò comporta una riduzione dei consumi).

La riduzione dei consumi comporta, a sua volta, licenziamenti o chiusure da parte delle imprese che vedono ridotti i propri fatturati; i licenziati, non avendo reddito, causeranno un’ulteriore riduzione dei consumi.

Un aumento dell’offerta e della produttività (perché le imprese, pur di conservare i propri margini di profitto, diminuiscono i prezzi dei propri prodotti e servizi).