Sempre più spesso si sente parlare di coronabond: infatti, nell’Unione Europea si sta cercando una soluzione per far fronte alle difficoltà economiche causate dall’epidemia di Coronavirus. Per il momento, non sono mai stati emessi coronabond ma si tratterebbe di obbligazioni comuni a tutti gli Stati membri dell’Unione Europea: in generale, un bond permette ad uno Stato membro di chiedere soldi in prestito per finanziare spese ordinarie (trasporti, sanità, spese militari, pensioni) o straordinarie (come le spese generate a causa del Coronavirus).

Con i coronabond, il debito verrebbe suddiviso

Con i coronabond, il debito verrebbe suddiviso tra tutti gli Stati membri ed è per questo che questi titoli sono stati discussi dai Paesi membri più virtuosi che, per via dei loro conti in ordine, sono restii ad indebitarsi assieme agli altri Paesi che non hanno conti altrettanto in ordine.

Ad ogni modo, i coronabond sono un aiuto per quei Paesi con ridotta capacità di spesa, utili per fronteggiare le uscite di denaro: nel caso del Coronavirus, queste uscite di denaro sono soprattutto relative al settore sanitario (macchinari per la terapia intensiva, dispositivi di protezione individuale, ricerca scientifica) e al settore economico (per via del blocco di molte attività produttive e di molte aziende in diverse parti d’Europa). Sebbene alcuni Stati membri si siano opposti all’emissione di questi bond, il premier Conte ha dichiarato che l’Italia è favorevole a questo strumento poiché consapevole che è necessario reagire alla crisi generata dal Coronavirus con strumenti finanziari innovativi e adeguati ad una guerra.

Anche se gli altri leader europei non hanno inserito un accenno ai coronabond nella bozza di conclusione del Consiglio UE sulla risposta economica all’emergenza Coronavirus, Conte ha dato “10 giorni per battere un colpo”, consapevole che bisogna reagire uniti ad uno shock imprevedibile e simmetrico di portata epocale che non tocca solo l’Italia ma tutta l’Europa.

Il Presidente del Consiglio italiano ha chiesto ai leader europei di istituire un gruppo di lavoro formato dai cinque presidenti (di Consiglio UE, Commissione UE, Europarlamento, BCE, Eurogruppo) per formulare una proposta di risposta comune.