Si sente spesso parlare di PIL, acronimo di Prodotto Interno Lordo, ma alcune volte la sua definizione sembra troppo difficile da capire. Ecco allora una definizione chiara e semplice di questo indice che rappresenta il valore di tutto quello che un Paese produce e che viene studiato per valutare lo stato di un’economia di un certo Paese.

Nello specifico il PIL è pari alla somma dei beni e dei servizi finali prodotti da un Paese in un certo periodo di tempo. È detto “interno” perché fa riferimento a quello che producono nel Paese sia le imprese nazionali che le imprese estere.

Infatti, esiste poi il PNL (prodotto nazionale lordo) che invece misura ciò che producono in un Paese e all’estero le imprese nazionali.

Il PIL può essere:

nominale, quando i beni e i servizi sono considerati in base al loro prezzo corrente
reale qualora i prezzi dei beni siano mantenuti costanti rispetto a un anno base
Pro capite, è il PIL diviso la popolazione ed è la misura del benessere medio della popolazione

Per quanto riguarda il calcolo del PIL, può avvenire in diverso modo:

Considerando la somma dei prodotti e servizi finali di un Paese (quindi vanno esclusi i beni intermedi usati per la fabbricazione)
Sommando il valore aggiunto dell’economia in un dato periodo di tempo, (il valore aggiunto è la differenza tra il valore della produzione di ogni impresa e il valore dei beni intermedi usati dalle stesse imprese nella produzione)
Calcolandolo come somma dei redditi (vale a dire salari e stipendi dei lavoratori, profitti delle imprese, imposte pagate allo Stato)

Tuttavia va detto che nel PIL non rientra ovviamente la produzione che deriva da attività proibite dalla legge (come traffico di droga, prostituzione) e dalla cosiddetta economia sommersa (lavoro nero) che, secondo le stime, in Italia rappresenterebbe il 15-17% del PIL.
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